Un consiglio di un amico, una sera, quando vedere la televisione aveva un senso, perché trovavamo amici che ci mettevano in tasca un disco, dicendoci "ascolta questo, a me piace, penso possa piacere anche a te", così, per amicizia, senza calcolo.
In punta di piedi, la tua voce.
Sommessa, discreta, così lontana dalle urla di quei tempi arrabbiati, la tua voce ci cantava, senza decantarla, la nostra età. Straordinariamente coetanea, la tua voce dava voce alle nostre stesse incertezze, ai sogni e ai rimpianti.
Da te abbiamo imparato ad accettare la sconfitta, a reagire con dolcezza, a non arrenderci mai. E abbiamo seguito il tuo sentiero di coerenza e impegno, guardandoti da lontano, incrociandoti dal vivo qualche volta, sempre considerandoti un punto fermo. Bob, Neil, Bruce, Warren, e te, Brother Jackson, il fratello maggiore che avremmo voluto.
http://www.mescalina.it/musica/live/27/05/2015/jackson-browne
La nostra città è un po' ruvida, ma qualcosa di buono ce l'ha. Un teatro bello e sontuoso, che tu vorresti anche in America, se non fosse che non si può costruire in serie, dici. E questo teatro ti accoglie sorpreso, mentre entri, in punta di piedi, a luci accese, come chiedendo permesso. Nessun annuncio roboante, fumi, raggi laser, sigla hollywoodiana. Solo tu, e i tuoi compagni musicisti.
In punta di piedi, la tua chitarra disegna accordi nell'atmosfera della sala, e intreccia una rete da cui pochi vogliono liberarsi. E' la rete di una vita, e una vita che ha lasciato i segni, sul tuo volto, sui tuoi capelli, sulla voce, forse anche nella tua anima. Noi ti abbracciamo, con affetto; l'affetto non si può misurare né contenere, qualcuno esagera, scusaci, siamo così contenti di rivedere la tua faccia sorridente stasera, che vorremmo trattarti come il nostro juke box personale, chiederti i pezzi che hanno segnato la nostra vita, parlarti e ringraziarti.
Tu invece sembri emozionato, preoccupato. Ti senti stanco per il cammino, non ti sembra di darci a sufficienza, ti sembra strano che conosciamo Woody Guthrie, o che riconosciamo le tue canzoni al primo accordo, che il tuo mondo e il nostro siano rimasti così coesi, vicini, simili. Sembrate arresi, indifesi, tu e la tua chitarra, e i sogni che custodisci nel cuore sgorgano lentamente, quasi con fatica.
Ecco, Brother Jackson. Rilàssati. Sappiamo il suono che hanno fatto i nostri passi in volo; abbiamo dovuto lottare, e combattere per non dimenticare compassione e comprensione. Potremmo ridere di te, e di noi, che ci ostiniamo a seguire quel percorso. Ma continuiamo a sorridere, così luminosi e chiari. Vorremmo prendere la tua mano, e dirti take it easy, it's alright, ti capiamo, abbiamo anche noi i tuoi dubbi, e quei rimpianti, eccome se li conosciamo, ma, no, che non molliamo, e sappiamo cosa prendere, e cosa lasciare.
E tu, che hai sempre avuto le antenne dritte sui cuori di chi ti segue, lo capisci, alla fine. No, non cambi la scaletta, ma metti nel saluto tutta l'energia possibile, come un maratoneta arrivato nello stadio. Ti guardi attorno, sorridi a noi, stretti sotto il palco, a cantare e saltare e ridere con te, arrivato dopo un lungo cammino, attraverso il deserto, per trovarci qui, nel sole di questo teatro, a riscoprire il senso del viaggio.
E vogliamo crederci, che non siano le solite parole, quando dici "è un posto bellissimo, vorrei tornarci qualche volta". La tua mano sul cuore non mente.
Ti aspettiamo, Brother Jackson. Sitting on corner stones, facing our failures. Ma con la forza di guardare al futuro.
Le antenne dritte sul cuore di chi ti segue. Averle sempre, ciascuno di noi, su quello che abbiamo davanti. Standing in the breach. Bello, grazie.
RispondiEliminaGrazie a te. Piuttosto, il tuo racconto su sussidiario mi ha fatto commuovere...
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