da un mese è iniziato il viaggio, di nuovo:
diciannove nuove facce di clandestini, a condividere otto ore alla settimana,
e già qualche stupore: domande spiazzanti, faccette sveglie nonostante il maldimare, la xamamina contro correnti greche contrarie, e la stanchezza.
ma quando tutto si tiene, succede che anche il mondo_fuori si rispecchi in questo microcosmo. e succede che un immenso dolore, senza senso apparente, si rifletta nelle parole di Dante. e succede che le mie parole, spese per spiegare le sue, scendano come luce sulle menti di chi prima non ne aveva chiaro il significato. ma, soprattutto, scendano come balsamo sul mio cuore ferito e smarrito.
'state contenti, umana gente, al quia: ché, se possuto aveste veder tutto, mestier non era parturir Maria...'.
la rassegnazione per una spiegazione inconcepibile da trovare razionalmente, e quindi lo sperdimento per l'impossibilità dell'equilibrio fra cuore e ragione, diviene, nella fede, ac_contentarsi del fatto che le cose, nel mondo, in questo mondo, hanno un perché, una finalità anche.
un motivo insondabile, indescrivibile, incomprensibile qui. ma che darà felicità altrove. dove?
Paolo, undici bellissimi anni, un mese di scuola media vissuto con entusiasmo, la vita divisa fra cartoni, amici, servizio da chierichetto e pallanuoto. il futuro davanti, tutto intero, una promessa splendente di vita e di amore.
un pomeriggio, solo in casa, pranza, rigoverna, rassicura il nonno al telefono, scrive uno dei tanti bigliettini per la mamma. grazie mamma per quello che fai, ti voglio bene. come al solito,lasciato sulla scarpiera, proprio il primo posto dove lei arriverà.
poi, gioca. ma non riuscirà a finirlo, quel gioco. e non sentirà neanche l'urlo della mamma, che lo vedrà appeso, strangolato.
perché?
l'omelia lo dice chiaramente, che non è possibile trovarlo, il perché.
ac_contentarsi che esiste, però, si può fare. che esiste una forza esterna al bene, che vede la nostra caducità e la porta a compimento. ma che esiste anche il bene, che in un altro tempo, in un altro spazio, trasforma lo smarrimento in cammino, la lacrima in sorriso, la solitudine in com_passione.
mentre spiego Dante, penso a Paolo, alla cassettina con le sue ceneri, alle rughe dei nonni bagnate dal pianto, agli abbracci dei genitori. e, nel silenzio della navigazione, respiro anche per lui.
il quia, è troppo grande per starci in una cassettina. il quia, da qualche parte, ci dev'essere. ma dove?
http://www.laprovinciadicomo.it/stories/Cronaca/95047_lultimo_saluto_a_paolo_una_perla_da_ricordare/
...ma dove?
RispondiEliminac'è gente che la sera deve andare a dormire con il peso incomprensibile di cassettine come quella a schiacciargli il cuore,
che la mattina le ritrova lì intatte, eterne, insostenibili
per sempre
è importante che questo abbia un senso e uno scopo altrove? consola?
riesce ad alleviare minimamente quel peso immane che blocca l'anima e il respiro?
non lo so,
non vorrei mai doverlo sapere
forse l'unico senso che può avere il quia in certi momenti sta nella forza dei nostri abbracci, nella verità delle carezze che regaliamo a quelli amiamo qui e ora,
mentre sono con noi e non altrove
non sono capace, non riesco neppure a immaginare l'infinità di dolore che devono sopportare quei genitori, quei nonni
continuo solo a chiedermi c'è davvero un perché? e un dove?
li ho visti oggi
RispondiEliminain un momento di preghiera a un mese
baciare l'altare.
se esiste l'eroismo, l'ho visto oggi.