e c'è l'emilio. l'emilio si perde. l'emilio si ritrova nelle stanze degli altri.
l'emilio non sta fermo. l'emilio si blocca, e fissa senza guardare per lunghi minuti, e non importa se quello che sta fissando sia cosa, pianta, persona. lo fissa con la stessa formidabile intensità, come se volesse insieme entrarci dentro, o fuggirne.
l'emilio parla poco. l'emilio, quando parla, sgrana un rosario di vocalizzi incomprensibili, e una frase non ha mai, mai, senso compiuto. a volte inizia con un senso, e si perde in parole sconnesse, o inventate. altre volte succede il contrario. ma sempre, sempre, chi lo ascolta resta come incantato dalla nenia che la sua voce sciorina, dal suo linguaggio segreto.
l'emilio ha una moglie, e una figlia, che, quando non ci sono, cerca, e che, quando ci sono, non riconosce.
l'emilio faceva il meccanico, montava e smontava automobili. ora monta e smonta le parole e i pensieri, ma nessuno si rimette in moto.
l'emilio prende per mano tutti, ma evita le persone in divisa. i medici, le infermiere, gli inservienti.
l'emilio ha un ricordo, che però non sa dimenticare. ed è un ricordo che sa di divisa, di prigione, di lager.
l'emilio è stato in un lager. e, ogni tanto, piange.
l'emilio non si rimetterà più in moto.
non per niente, alzheimer è un cognome tedesco.
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