riflessioni da una nave in rotta nel mondo_fuori e dal mondo_fuori, quando sbarco dalla nave
mercoledì 22 dicembre 2010
quanta vita
la sala più bella della nave è piena di clandestini, raccolti in rispettoso silenzio.
qualcuno di loro sta suonando. emozionati, concentrati, a turno, fanno sentire ai compagni quanto hanno imparato, con caparbietà, notte dopo notte, accordo dopo accordo, lottando per far convivere le versioni di isocrate, le leggi di gauss, gli aforismi di nietzsche, con le sonate di schumann, i concerti di grieg, le improvvisazioni su temi natalizi, affrontati tutti con equilibrio e personalità.
nessuno è salito sulla nave, dal mondo_fuori. siamo solo noi, complici, in precaria armonia. se facessimo tutti ancor più silenzio, potremmo sentire il battito della vita, distinto, nitido, passare dai loro cuori, attraversare i loro strumenti, arrivare ai nostri cuori, guidato dal ritmo della musica.
è tanta, questa vita. troppa, forse.
mi sento sopraffare da tutta questa vita, così labile, esile, fragile, eppure tenace. la sala più bella della nave mi sembra, per un preciso lunghissimo momento, l'esatta misura della vita.
(però, in disparte, una mamma c'è. è la madre di una clandestina concertista, che è contemporaneamente parte della ciurma. nei suoi occhi, l'orgoglio per ogni nota che ascolta, e insieme lo strazio per un futuro che ignora. 'torno a fare la chemio il 4 gennaio' mi dice. 'stalle vicina'. e allora sì, che la musica può curare. anche se, forse, non guarisce. ché dalla troppa vita non si guarisce. mai.)
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