riflessioni da una nave in rotta nel mondo_fuori e dal mondo_fuori, quando sbarco dalla nave
sabato 14 febbraio 2009
il furioso
i clandestini ridono
ma proprio tanto
gli brillano gli occhi
le ragazze giusto quel filo scandalizzate, ma per finta
i ragazzi con il lampo della complicità virile che hanno solo loro
il canto canta
il canto canta di un abbordaggio finito male
di un macho smerdato
di una ragazza sveglia e fintona, ma così bella da imbambolare, ma così bella che si capisce che c'è un trucco sotto
canta di uno che sembra uno e poi è una
che, perlappunto, smerda il macho davanti alla bella fintona
e prima canta del macho che si fa tutta una filosofia sulla rosa da cogliere
e che si deve cogliere prima che la colgano altri
che la ragazza, che non vuole che si colga la sua rosa, in realtà lo vuole eccome
e che quindi lui la coglierà, quella rosa, quella della ragazza bella e fintona, altroché
il canto, con il suo tono svagato e acuto, canta della primavera e delle donne
degli uomini e dell'inutilità delle armi e della forza
e canta dell'intelligenza, che a volte è furbizia, a volte è inganno, a volte tutti e due
ma, soprattutto, canta dell'uomo - e della donna - che, persi in una selva che è tutto tranne che oscura, mica si smarriscono, ma errano, e mica sbagliano, ma vagano. vivono, cioè.
i clandestini ridono e pensano e si immedesimano ora nel macho ora nella bella furbona ora negli altri mille personaggi che il canto canta.
la magia si ripete, infallibile e inesorabile come una trappola. l'intelligenza e la poesia, messe insieme, fanno proprio quell'effetto lì.
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