martedì 3 febbraio 2009

l'ultimo del paradiso


ogni anno ci ricasco:
torno a commuovermi, e ogni anno mi impiglio nella rete delle sue parole. e ogni anno trovo qualcosa di nuovo, in quelle parole.
ad esempio, stavolta ho trovato l'aggettivo 'nostra':
'mi parve pinta della nostra effigie', racconta, per fare capire che guardando in Dio lui ha visto noi, ma proprio tutti noi, la nostra faccia. senza colori, senza tracce somatiche, senza razze.
e aveva già scritto 'nostra', proprio il primo verso del poema.
'nel mezzo del cammin di nostra vita', aveva scritto.
l'esperienza del mondo sanza gente lo ha spinto lì, ad affondare il suo volto nel volto di Dio, e a trovarci il suo.
nostro.

i clandestini ascoltano. ce ne sono cinque o sei che hanno la luce negli occhi. la loro effigie, la sua, la mia. la nostra.

c'è silenzio nella cuccetta. il mondo_là_fuori sembra lontano, appena increspato dall'eco delle sue parole.
e ogni anno, come ogni anno, ho la sensazione precisa di trasmettere a dei fratelli.

Nessun commento:

Posta un commento