Quanti anni sono passati, da quando ho scritto queste righe? Quattro? Mi sembrano quattro giorni, ragazzo.
Intanto, tu hai corso, sofferto, studiato, suonato, letto, viaggiato con o senza me, baciato, corso, e soprattutto vissuto. Hai scritto qualche strofa di poesia, di nascosto, la notte, immaginandoti adulto, o forse lo eri, lo sei già. Hai sognato e sperato, e ti sei trovato dentro ai tuoi sogni, e hai capito che potevano diventare realtà.
Io? Io ti ho visto correre, soffrire e viaggiare. Ho sbirciato nei fogli della tua poesia, con il pudore antico che mi sono scoperta dentro, e che deve essere eredità inconsapevole. Ho taciuto e parlato, quando il cuore mi dettava le parole, per non sentirmi dentro quel peso, il terribile peso del rimorso.
E ora? Ora ti guardo correre verso il tuo ultimo primo giorno di scuola. Vedo attraverso la tua anima inquieta, carica di libri, ma anche di amore. Ricca di amici che quattro anni fa non avevi. Ricca di uno sguardo di giovane donna che ti ha illuminato i giorni. Il tuo passo è un volo leggero, il tuo sorriso è un abisso di promesse.
Questa è a volte la vita: onde immense che si frangono contro piccoli scogli; eppure l'uomo sta. fragile, ma forte.
Ti lascio andare, ti guardo volare verso il tuo ultimo primo giorno. Entrare nei tuoi sogni, sarebbe come violarli. Però, però, vorrei vederti realizzarli. Almeno qualcuno. Almeno i più belli.
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