Qui, come nella vita. Ci sono due luoghi in uno. Ci sono due realtà in una.
Di qua, e di là.
Di qua, la roccia che diventa acqua, la cera che diventa luce, e fumo, alimentati dal soffio di un vento sottile e costante.
Di
qua, l'acqua che lava, la faccia lavata dalle lacrime, la grotta che
accoglie e attira, calamita dello spirito, a dire "da qui vieni, qui
tornerai, ma una parte di te scorrerà via, salirà al cielo, scenderà al
cielo, sprofonderà all'infinito".
Di qua, l'umanità che si
colora di tutte le sfumature possibili, che parla e prega in tutte le
lingue inventate, che canta e balla e stringe mani e sorride in tutti i
modi pensati.
Di qua, il profumo acre della cera e
dell'incenso, il brillare delle candele, il suono sommesso del fiume,
quello ancor più silenzioso delle preghiere che si infrangono impotenti
davanti alla potenza della roccia, accarezzandola.
Di qua, la
fede che diventa passi, mani a sfiorare, dita a sgranare rosari, rose a
sfiorire ai piedi della statua, ruote di carrozzelle e carrozzine a
scivolare sull'asfalto, corpi a spingerle, respiri, sospiri, sussurri, e
ancora lacrime, di gioia confusa, speranza intimorita, amore
incontenibile e ostinato per la vita. E prossimità, e solidarietà, e carità netta, pulita, senza infingimenti né esibizionismi, senza equilibrismi né sofismi. Carità che vive di fede e si nutre di speranza, e respira un solo fiato, uno spirito, che non ha colore né età, che non ha cultura né provenienza, ma un'unica appartenenza: quella all'umanità.
Di qua, corpi malati,
sfigurati, tormentati; corpi bambini, vitali, energici; corpi giovani, esaltati, esultanti; corpi adulti,
rassegnati, esitanti; corpi, e volti, su cui la vita è passata con
violenza, o passerà, o sta passando, e i segni compongono un mosaico il
cui senso si vede solo dall'alto.
Di qua, la concretezza di
uno struggimento, della nostalgia di un cielo perso e intravisto per un
momento, dell'attesa di quel momento futuro ed eterno.
Di là, il mercato del tempio. Le cose che diventano merce, denaro, valuta senza valore.
Di
là, turisti allo sbando, persi fra moules frites e bière pression;
souvenirs, objets, cadeaux, parfums, gourmandises, per intontire lo
spirito.
Di là, odore di crèpes e di fritture, di lavanda e di
deodorante; vetrine tutte uguali, menu turistici e trenini, negozi e
hotel coi nomi di santi, statue di madonne, lo sguardo infantile e
stupito di Bernadette a rincorrere il progresso e abbandonarlo un attimo
dopo.
Di là, la materialità dell'esistenza, bisogni superflui spacciati per essenziali, e monete, banconote, carte di credito senza credere.
Di là, il disordine razionalmente organizzato e
manipolato dei sensi, che crede di celebrare la vita nel momento in cui
la pugnala, che intontisce lo spirito sussurrandogli che di qua non esiste niente.
Andare di là per mangiare e dormire; necessario per far sopravvivere il corpo.
Andare di qua per scoprire che c'è altro oltre il corpo; necessario per cercare in una roccia e in un po' d'acqua la vera sopravvivenza.
E tu, di qua, o di là?