lunedì 1 aprile 2013

Valentina, e la pratolina

Valentina ha la faccia bianca e la maglietta nera.
Valentina ha una madre livida su un letto asettico, che guarda senza vedere, e che respira profondo, quando va bene, e che quando va male ha gli occhi chiusi e un lamento lungo, e roco.
Valentina ha ventun anni e un paio di fratelli più grandi e un padre forte e con gli occhi rossi.
Valentina ha il tempo contato con sua madre. Lo conta senza sapere quanto le resta. E intanto accarezza il volto livido e le mani contratte, fissa le palpebre chiuse e parla coi lamenti rochi.

Valentina è fragile e determinata. In cinque mesi cinque ha visto sua madre crollare, sotto i colpi di un tumore devastante. E intanto si è vista vivere, e studiare, laurearsi, uscire con gli amici, respirare e vestirsi ogni mattina e svestirsi ogni sera, mangiare e bere e baciare e guidare, rispondere al telefono e guardare il sole.

Valentina è fuori dall'hospice dove sua madre sta morendo, ora. Accompagna fuori una persona in visita, la ringrazia, sta per rientrare nel limbo, da dove saluterà sua madre. Ma, prima di entrare, guarda il sole, si ferma, si china.
Una pratolina bianca nel prato verde. Macchia nuova di colore in un pomeriggio di sole inaspettato.
Valentina la coglie, la sfiora, dita bianche sui petali delicati. La prende, la porta con sé.

Poi, entra.