martedì 23 marzo 2010

due sul divano



e succede che mi trovo sul divano di casa, una sera, a sentire e vedere due anziani signori che cantano e suonano.
mia mamma me la spiega, tutta la loro storia. di come si sono conosciuti, e trovati, e ritrovati. e io che ho dodici anni penso che adesso mica le scrivono parole tanto belle con sotto una musica tanto adatta.
mi danno fastidio le facce delle persone che applaudono. non sembrano tanto prese da loro, quanto dalle telecamere. e io che ho dodici anni penso che, se fossi lì, studierei bene i loro movimenti e le loro espressioni, per riuscire ad imparare come si fa a scrivere e suonare così.
mia mamma mi racconta anche com'era profondo il mare, quando erano tutti più giovani, quei due signori e anche lei, che tanto più giovane poi non dev'essere, se le sa tutte, quelle canzoni. e io penso che se riesco a trovare qualcuno che suoni con me, forse riesco anch'io ad andare a fondo delle cose, e come un pesce essere difficile da bloccare.
a un certo punto, proprio quando devo andare a letto, e sono già col pigiama, il più basso dei due parla di una canzone nuova, che ha fatto quello alto, quello che ha la voce che non arrugginisce mai, come dice mia mamma. e allora chiedo alla mamma 'dai mamma, sento questa poi vado'. e lei risponde un sì che non si sente, ma io capisco che è sì, perché sorride.
la canzone dice che non basta saper cantare. eppure la cantano, e bene. perché saper cantare serve, dice quello alto. e io penso che vuole dire qualcos'altro, che forse adesso non so spiegare bene, però che sento dentro. la canzone parla di quarto di luna, di pezzi di strada, di tempo e pazienza, di lacrime e competenza per impastare l'amore. di orsi che ballano e scimmie che suonano. e io che ho dodici anni penso che sono proprio quello stupido che si ferma a guardare, ma penso anche che quella loro storia, quei loro pezzi di strada e di cuore, adesso sono anche un po' miei.

quando sono a letto, sorrido.





(a giorgio)