lunedì 27 aprile 2015

Questo sono io ora: un peso leggero, che sta in una mano



Con la discendenza date sostegno alla stirpe:
volentieri io salpo sulla barca,
perché in tanti dei miei si prolungherà il mio destino...
Ora a te io raccomando il dono comune dei figli:
quest’ansia vive inconsunta nelle mie ceneri.
Fa’ loro anche da madre, tu che sei padre:
la mia frotta di figli ora dovrai portarla tutta al collo tu solo.
Quando li bacerai piangenti, aggiungi i baci della madre:
il peso di tutta la casa d’ora in poi graverà su te solo.
E se avrai voglia di piangere, fallo quando sono lontani!
Quando verranno,
con asciutte guance illudi i loro baci!
A tormentarti per me ti bastino, Paolo,
le notti e i sogni in cui crederai spesso di ravvisare il mio volto;
e quando nel segreto parlerai alla mia immagine,
parlami come s’io potessi risponderti.
Se però la casa vedrà un nuovo letto
e una prudente matrigna si assiderà nel mio talamo,
approvate, figli, e accettate le nozze del padre:
essa s’arrenderà vinta dalla vostra dolcezza.
Non lodate troppo la madre:
confrontata alla prima, essa vedrà un’offesa
nelle vostre imprudenti parole.
Ma se, nel ricordo di me, egli resterà fedele alla mia ombra
e penserà che di tanto sian degne le mie ceneri,
fin d’ora imparate ad accorgervi della vecchiaia che per lui giunge:
per l’uomo che è solo nessuna via resti aperta agli affanni...
Va tutto bene:
mai, come madre, io ebbi a prendere il lutto:
alle mie esequie è venuta tutta la schiera dei miei figli.
È perorata la mia causa.
Alzatevi voi che mi piangete, testimoni,
mentre grata la terra mi rende il compenso per la mia vita.
Alla mia virtù s’aperse anche il cielo:
ch’io sia degna, per i miei meriti,
che la mia ombra navighi sulle acque dei pii.
 (Properzio, Elegie, IV, 11)


E accade, durante una mattina di pioggia, che, nel silenzio delle menti pensanti, risuonino queste parole antiche di duemila anni. Che gli occhi si inumidiscano. Che venti diciottenni si turbino al pensiero del dolore, del rimpianto, della nostaglia. Ognuno ricorda un lutto vissuto, teme un dolore futuro, si emoziona per una perdita lontana nel tempo e nello spazio, eppure così potentemente reale, immediata, vicina.

Properzio è l'esile filo che ci lega tutti insieme, in questa mattina di pioggia. 

Ed è giusto, e umano, asciugarsi le lacrime.