martedì 20 luglio 2010

i mohicani in cava

siamo prigionieri dei mohicani, qui dentro. in questo posto, in cui è bello osservare l'espressione di chi ci entra per la prima volta, e, dopo aver percorso un tunnel buio, sbuca in una cava, immersa nel silenzio di una montagna lombarda. e le pietre sorridono, sembrano parlare e far percorrere una strana linfa tutta loro attraverso le vene della loro roccia.
siamo arrivati su alla spicciolata, dopo un pomeriggio di musica e amicizia e salamelle e birra, musica al sole nel parco, musica all'ombra in un cortile, con una finestra che parlava della bellezza.







e ora siamo prigionieri dei mohicani. una signorina figlia di papà, ma con una freschezza e un'umiltà che solo le ragazzine americane vere sanno avere.
un signore che ricrea le atmosfere del texas, rudi e spirituali, come è giusto che sia per chi ha sempre il deserto di fronte.




un ex punkrocker che ha nello sguardo il brillìo del genio, e si circonda di ragazze non per emergere, ma per farle splendere di tutta la loro bravura.



e ci piace essere prigionieri. i sorrisi si allargano, le voci si fanno più chiare, come gli occhi, che luccicano di piacere.
il padrone di questa prigione si aggira con una maglietta che sembra essere un invito. il custode ha lo sguardo stanco, ma che esprime una gioia indicibile, per aver portato lì, tutti insieme, i suoi amici e i suoi miti.

un po' in disparte, con il suo carico di sogni da vendere, sorriso sornione e basco in testa, immancabile sigaretta e bicchiere sempre pieno, quello che coi mohicani per primo ha parlato. e che ci ha fatto capire che era bello, molto bello, esserne prigionieri.




lontani, amici che avrebbero voluto esserci, e il cui respiro avvertiamo ad ogni battito di cuore.
a loro, l'augurio di poter cadere presto in questa prigione dorata.




lunedì 19 luglio 2010

three way street

la ragazza sgrana gli occhioni azzurri e dice: "chi sei andata a vedere? ma chi sono? e che musica fanno? ah...ma allora sono anziani!! no, no, mai sentiti..."

ragazza mia, chiedi chi erano crosby, stills, nash. ma chiedilo alle persone giuste.

quelle che venerdì riempivano l'arena di milano di tutti i loro acciacchi, i sogni realizzati e quelli mai compiuti, i ricordi di quando avevano molti capelli in più e molti chili in meno, erano saccenti e giovani, e credevano che avrebbero insegnato ai genitori e li avrebbero nutriti coi loro sogni, che avrebbero costruito una casa molto carina con gatti e fiori e un pianoforte per suonare le loro canzoni e avrebbero trovato posto dentro una risata e non si sarebbero mai tagliati i capelli (perché, allora, i capelli ce li avevano, e lunghi lunghi).

poi chiedi loro l'energia che hanno messo nel farci capire che diventare vecchi significa anche diventare umili, aver ancora da imparare dagli amici, sostenerli e comprenderli senza giudicarli, ed esserci, solo esserci, sempre.
infine chiedi una manciata di emozioni, e loro te ne daranno a piene mani. ti faranno sentire questa:



oppure questa:



o questa:



non conosci neanche queste? hai tempo per rifarti, se vorrai.
noi non abbiamo più tempo. il nostro tempo, l'abbiamo vissuto. e in sere come quella ci passa davanti tutto intero, e intatto, perfetto come la luce di un aereo che solca il cielo in una notte di luglio, mentre tre signori anziani dalla forma smagliante insegnano ai nipoti il percorso da fare.