sabato 15 maggio 2010

il ligabus

l'autista ha tatuaggi e collanine che nascondono un po' le rughe e i capelli ritinti. ma nella sua uniforme sta bene. ci sta da più di vent'anni, e il suo giro lo conosce a memoria. da qui a lì, soste, fermate a richiesta, sali e scendi di gente.

anche la gente è più o meno sempre la stessa. tipi comuni, che però pensano di essere tutti speciali, e puoi giurarci che lo sono, perché hanno capito che ognuno lo è, speciale, nei sogni e nelle illusioni. gente anche volgare, forse, anche popolare, di quella che birra stadio rocchenroll tivvù gruppo e qualche amore sparso nella vita.

il viaggio non ha sorprese né eccessive scosse, i finestrini sono un po' abbassati, giusto per far scappare l'odore di sudore e stanchezza, e dai finestrini puoi guardare il mondo fuori, ma mica tanto, perché sono appannati e sporchi di polvere. meglio ascoltare la musica che mette su l'autista. già sentita, vero. ma tutto, qui dentro, sa di pendolari e di tempo passato a rincorrere i sogni e non acciuffarli mai.

l'autista ci sa fare, coi sogni, soprattutto con quelli degli altri. li intercetta e li porta in giro, soste, fermate a richiesta, acuti e schitarrate compresi. che poi meglio non sapere se lo faccia ormai solo per mestiere, o se ogni tanto, in qualche fermata, un po' si diverta ancora, a portare in giro quei pendolari della vita, che si aggrappano quieti alle maniglie, per evitare di traballare troppo.

una cosa è certa: che quando scende, la gente canticchia le sue canzoni, almeno per un po'. e a casa ci si arriva sempre, con lui.