martedì 10 luglio 2012

Lavorare per un sogno

- Mamma, dov'è Strehlgasse?
- Dev'essere qui, aspetta che cerco... Sì, è qui. E' qui che sono stata, in un luglio afoso del 1947, a studiare tedesco, dalla Fraulein Wiebli. E sono felice che abbiate trovato il posto, felice che abbiate deciso di staccarvi dal gruppo ed immergervi in una città che ho tanto amato.



Hai visto, figlia mia, com'era intraprendente tua madre, nel luglio del 1947? Viaggiava sola, studiava il tedesco, restava in giro per mesi. Ti ho insegnato l'indipendenza, tu l'hai imparata bene, e ora la sta imparando tua figlia, mia nipote.


Giovanna ha quasi dodici anni, ama la musica, il teatro, le lingue, come sua madre, come sua nonna. Si muove agile nella vita, guardando ogni tanto i tuoi occhi, cercando in essi la conferma delle scelte. E' un bel camminare, il vostro, sottobraccio, per i vicoli che ho tanto amato anch'io, in questo luglio di sole.



Nel 1947 il Letzigrund Stadion non era ancora stato costruito, ma stasera lo vedo anch'io. Nelle decine di migliaia di persone, lì dentro, vedo con nitidezza voi due, i vostri amici, sento le vostre voci, e penetro nei vostri cuori. So cosa state facendo lì.


Nel 1947 Bruce Springsteen non era ancora nato, e di sicuro nessuno avrebbe immaginato che avrebbe suonato nella città in cui io stavo abitando. Ma le fila dell'arazzo della vita si intrecciano in modi a noi misteriosi. E le fila delle nostre vite stasera intrecciano un disegno meraviglioso.


 Zurigo è perfetta di luglio. Il freddo nel cuore si sgela, le facce tornano ad essere umane, il clima è propizio per stare all’aperto, le strade si riempiono di gente e di musica. Anche lo stadio è colmo di persone, che stanno aspettando di vedere realizzato il proprio sogno.



Conosco il sogno di Giovanna. E' un'adolescente limpida, timida, ma decisa, e da anni lo coltiva segretamente. Il suo cuore me lo sussurrava, di tanto in tanto. Io ascoltavo, e preparavo. E stasera è il momento. Un momento che tu hai saputo immaginare, volere, preparare, aiutata, in questo, da amici splendidi, gli stessi che avevo anch’io, in quel luglio del 1947.


Quando Bruce si avvicina a Giovanna, lei è già pronta. Ha cullato nel cuore questo momento per anni, da quando, nel luglio del 2009, a Torino, aveva visto una ragazzina cantare con lui. Non l’aveva mai detto a nessuno; ma tu, come ogni mamma, hai le antenne nell’anima, e sai captare i segnali di una figlia. Come sapevo fare io. Come so fare io.


Quando Bruce si avvicina a Giovanna, la fa salire, le dà il microfono, la guarda compiaciuto, il mio sguardo è uguale al tuo. Il sogno si è avverato, la luce nei suoi occhi è speculare alla nostra, il sorriso che Bruce le rivolge è quello che ogni figlia vorrebbe ricevere da un padre, e la incita ad andare avanti, a credere nei suoi sogni, a nutrirsi di essi, e a lavorare per realizzarli.


E, quando Bruce, prima di prenderla in braccio e riportarla sulla terra, le sussurra una frase all’orecchio, la voce che esce da Giovanna è la somma della mia e della tua voce, e della voce di tutte le donne che credono nei loro sogni.


Giovanna urla ‘COME ON, E STREET BAND!!’, e il suo grido si imprime nelle pietre dello stadio, nelle orecchie dei musicisti e del pubblico, nello spirito di Clarence e Danny, nelle nuvole sopra di voi. Come on, abitanti della terra. Lavorate per i vostri sogni…We are alive...