sabato 24 aprile 2010

festa della liberazione

quando la mattina passo davanti a una scuola, vicino al baretto della scuola c'è un gruppo di ragazzine. 12, 13 anni. sono le otto e cinque, la campanella è suonata da cinque minuti, eppure loro fanno capannello lì, e chiacchierano, e fumano.

i loro sguardi sono tutti uguali. e dicono tutti una sola cosa.
'noi non siamo dentro, e non saremo dentro ancora per un po', o forse per tutta la mattinata. noi sì, che siamo libere. noi sì, che possiamo trasgredire.
chissenefrega della scuola. noi sì, che viviamo, perché siamo libere. noi possiamo esserlo, noi, sì.'

la luce dei loro sguardi ha un che di ingenuo e primitivo insieme. non c'è (ancora) malizia. non c'è esperienza della libertà. la loro libertà si esaurisce nel gesto lineare di essere lì, fuori dalla scuola, in quel momento.
ed essere o credersi libere, per loro, è lo stesso.

recuperare quella libertà sarà impossibile, anche per loro.