mercoledì 23 giugno 2010

come un sol uomo, coi flogging molly

la musica, diceva aristotele, va praticata per usi molteplici, ma anche per l’educazione, per procurare la catarsi e in terzo luogo per la ricreazione, il sollievo e il riposo dallo sforzo.
questo dice aristotele.
ma quando la musica diventa corpo che si muove, sangue che pulsa, sudore che cola, gli usi si confondono. e non si sa più quanto sia catarsi, educazione e ricreazione.

l'alcatraz è un unico, grande corpo, che ondeggia ad ogni battuta, che canta, urla, beve, fuma, salta, si fa e si disfa come desidera. corpi vengono sollevati in aria, fatti passare in surfing, scaraventati oltre la transenna, e risorgono in un istante, con un'espressione di estasi.
il rito collettivo, educativo, catartico e ricreativo è celebrato da un signore di 49 anni, in giacca, cravatta e occhiali, come se ne incrociano a migliaia, spenti e s_morti, nelle vie della milano_da_lavorare.
eppure in quel signore, e nei suoi amici, batte un cuore punk rock, perdipiù irish, e pure incazzato (otto anni negli usa senza permesso di soggiorno devono pur incidere da qualche parte...). così, il rito che officia il signore, che di nome fa dave king, è quanto di più mistico, pagano e politico insieme esista. come la vera musica deve essere.



non cerchiamo originalità in un rito. i padri della bibbia si chiamano pogues, johnny cash, bob marley, dubliners, ramones (tutti citati e omaggiati nelle omelie, fra un pezzo e l'altro: in una, peraltro, ci sta pure un brindisi alla squadra sudafricana, per aver mandato a casa la 'fucking france'...)
però, però, il grande corpo dell'alcatraz risponde, compatto nella sua poliedricità. ci sono le coppie innamorate di sé e dell'irlanda, i punk con megacresta, i rockettari con maglietta delle seeger sessions, i ragazzi in kilt e topless, e le ragazze con piercing ovunque (ma col reggiseno, ché va bene essere punk, ma non troppo).
e c'è, soprattutto, un'oremmezza di ballate trascinanti, di gighe e di reel elettrificati, di dobhran e whistle mischiati a un basso da spaccare i cuori, e in cui ci sta pure un piccolo, prezioso set acustico, in cui il grande corpo riposa, si calma, recupera fiato e ascolta.

all'uscita, dopo la benedizione del reverendo king, 'grazie grazie mille milano!' col pugno sul cuore, e dopo aver ascoltato 'the parting glass' versione clancy, ci si ritrova, chi devastato, chi sfatto, chi solo stanco, ma tutti irrimediabilmente educati, ricreati e catartici.
perché questa è la musica, diceva aristotele.