mercoledì 11 marzo 2009

ancora de sfroos



sono più di dieci anni, Davide.
molti di più.
da quando la voce di un ragazzino che si chiamava David Action arrochiva le sonorità dei Potage, testi demenziali e spirito punk.
da quando solo Milva o Rummenigge abitavano le ville del lago, e il Lario non era trendy.
da quando alla sagra dei fulcinitt le storie dei borderline De Sfroos impensierivano con leggerezza le salamelle con vista.

ricordo di avere avuto un brivido quando, giusto dieci anni fa, 'La Provincia' ribaltò la pagina degli spettacoli per parlare solo del suo concerto. e quando, alla sagra di Sant'Abbondio, settembre 1998, la gente che assiepava il piazzale conosceva tutte le canzoni.
'mi sa che ce la fa', dicevo.
ce l'ha fatta, mi sa.

l'alchimia della sua musica è un segreto nascosto nelle onde del lago.
l'ironia del suo mondo non è mai scevra di rudezza.
e il dolore che spesso, con pudore, nasconde, è sempre addolcito da un sentimento di speranza, ruvido eppure trasparente, come certi sassi, prima sputati, poi cullati per sempre dalle onde.

ci ho parlato un (bel) po' di volte. ha la cordialità brusca e sincera degli uomini del lago, la battuta pronta, pungente.
ma il suo sguardo è inafferrabile. piuttosto, è lui che afferra chi lo guarda, per non mollarlo più. sciamano dei sentimenti, medium delle emozioni.
ama definirsi iperrealista. in realtà, ho sempre pensato che sia l'ultimo dei lunatici, atterrati millenni fa sulla terra, per il quale è stato scelto un habitat a metà fra terra e cielo, perché la sua poesia potesse riposare meglio.

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